10/05/2009

Versioni di latino e greco in ordine alfabetico

Achille a Sciro

Teti Nereide sapendo che Achille è suo figlio, benché avanzasse verso Troia, là si perse, gli affidò il trono nell’isola Sciro a Licomede. Lui quello tra le vergini delle figlie femmine salvava il nome modificato: infatti le vergini lo chiamarono Pirra, poiché i capelli furono biondi e i Greci detti pyrrhon. Gli Achei anche, essendo venuti a sapere là fosse nascosto, misero oratori al re Licomede, che avessero indagato affinché mettessero lui audizione di Danae. Il re negando che quello fosse a sé, face la sua potestà affinché cercasse la capitale. Quello non potendo capire perché fossero di loro, Ulisse pose nella capitale vestiti di lavoro di femmina, nei quali scudo ed asta, e subito diede il segnale con una tromba di guerra. Achille era imminente a purgare lo straniero, dilaniò la veste femminile e assalì anche lo scudo e la lancia. Da questo è conosciuto e la sua opera promise ad Argivo e al milite Mirmidone.

Anche gli animali hanno il senso della giustizia

Nei campi un lupo dal gregge rapisce un capretto e danneggia gli agricoltori.Gli agricoltori spingono il lupo nel bosco; l’animale corre velocemente e fugge nella grotta con il capretto. Ma c’è anche tra gli animali una giustizia,e il cattivo stato del lupo e sconta subito la pena;e infatti nella grotta c’è un orso e prende il capretto del lupo e lo squarcia. Il lupo biasima l’orso e dice:”O orso, come prendi il capretto e rubi la preda”. E l’orso risponde:”O lupo,rubavi il capretto agli agricoltori, perciò non rapisco,ma punisco l’atto d ruberia”.

Antonio e Cleopatra

Dopo la morte di Cesare Antonio e Ottaviano si contendevano l’impero. Infatti Antonio repudiò la moglie Ottavia, che era sorella di Ottaviano, Cleopatra, regina d’Egitto, prese in matrimonio e afferrò la dominazione dell’Europa e dell’Africa. Nascendo una guerra civile, presso Azio nell’Epiro fu intrapresa una battaglia navale, in cui Antonio e Cleopatra furono sconfitti e costretti a fuggire in Egitto. Allora la regina, per non cadere in mano di Ottaviano si uccise da sola, condusse il veleno di un aspide al petto. La sua morte fu seguita dalla fine di Antonio, che si uccise con una spada. Allora Ottaviano tornò a Roma e condusse magnifici trionfi e inoltre fu proclamato Augusto dal popolo e dal Senato.

Castore e Polluce alla battaglia del lago Regillo

Tarquinio il superbo, allontanò il popolo dalla città,si rifugiò da Latino e agitò guerra a Roma, ma sottomise il dittatore Postumio,che morì in Etruria.Gli antichi scrittori narrarono che la battaglia narrò una stupenda favola. (“Poiché” anke se dubito k è qst il termine) in essa due adolescenti ignoti,dall’eccelsa statura, trasportati da cavalli bianchi, nel castello dagli stranieri protetto fecero il primo attacco e ai Romani tenaci aprirono la via della vittoria. Lieto per l’aiuto ricevuto, Postumio, desiderando di donare un premio agli adolescenti, che promise prima,attaccando, nel castello dei nemici irruppero, non trovarono quelli in nessun luogo. Lo stesso giorno i cittadini videro due uomini nel foro, sparsero polvere e sangue, pulirono i corpi alla fonte Iuturna.

Catilina convoca i congiurati

Dunque inviò C. Manlio a Fiesole e nei paesi dell'Etruria,Settimo da Camerino nella zona del Piceno, Caio Giulio nella Apulia, poi altri ancora in diversi luoghi dove credeva gli sarebbero stati d'aiuto. Frattanto a Roma aveva messo in moto molti piani: tendere agguati ai consoli, preparare incendi, far stanziare uomini armati in luoghi strategici; egli stesso girava armato di pugnale e ordinava che anche i congiurati lo fossero, esortandoli alla prontezza e all'attenzione; notte e giorno era in azione, vegliava non sentendosi mai stanco, né per la mancanza di riposo, né per la fatica.Ma poiché non sortiva niente da tutta quella macchinazione, convocò, nel cuore della notte i capi della congiura, presso la casa di Marco Porcio Leca; e, di là, dopo essersi lagnato della loro inconcludenza, li informò di aver posto Manlio a capo di quella banda, che aveva l'incarico di prendere le armi; comunicò poi che aveva dislocato altri uomini in altrettanti luoghi opportuni, affinchè dessero inizio alle ostilità infine disse che avrebbe raggiunto l'esercito solamente se avessero soppresso Cicerone: costui rappresentava un grosso ostacolo per i suoi piani.

Cesare catturato dai pirati

Cesare a causa di debolezza traslocando verso un’altra casa durante la notte, cade intorno/incappa nei soldati di..(Sulla --scritto in lettere..-- ?) che esplorano (“diereunao” ?= esplorano?) quelle regioni. Essendo condottiero [?] Cornelio persuade due talenti e viene rilasciato [?]. Discende/approda diritto sul mare e salpa verso Bitinia verso Nicomede basilea [?] ([regno re oppure?]).Par o (scritto in …[?]) ritarda non molto tempo, ei t’ [?] navigando viene catturato(/cade nelle mani) intorno/vicino l’isola Farmacussa per mano dei pirati, -già altre volte / senz’altro / attualmente– (significato tra questi) -talora / talvolta– (altro significato tra questi) a grandi eserciti e “BARCHE???” ([skafesin…=zappa, barca oppure nn so]) immense [?] contendono/limitanoà(non ho ben capito che tempo è, viene da Katekho) il mare.

Come sopportare la solitudine

Molti di Diogene, cinico filosofo dell’animo feroce, narrano, che fu disprezzatore degli onori e dei vizi. Vivendo solo, senza amici, in somma povertà, nessun uomo vicino sé riceveva e nessuno egli invitava, sempre burlandosi tutti di quello. Talora tuttavia, essendo solo, tanto fastidio di solitudine lo affliggeva. Un giorno, mentre cenava mesto, vide un topo, che correva qua e là per palpitare del pane, che era caduto dalla tavola, raccoglieva e non andava in cerca di alcuna società. Guardando un poco la bestiola da vicino,sorrise ed esclamò:” Qui topo l’uomo non desidera né la cena né la società affinché l’animo rifaccia. Tu invece, Diogene, senti dolore solo cenando?”. Questo considerando seco, l’animo sollevò non dopo aver cenato solo.

Costumi degli Egiziani

Passo invece a parlare diffusamente dell'Egitto perché, rispetto a ogni altro paese, è quello che racchiude in sé più meraviglie e che presenta più opere di una grandiosità indescrivibile: ecco perché se ne discorrerà più a lungo.1) Gli Egiziani oltre a vivere in un clima diverso dal nostro e ad avere un fiume di natura differente da tutti gli altri fiumi, possiedono anche usanze e leggi quasi sempre opposte a quelle degli altri popoli: presso di loro sono le donne a frequentare i mercati e a praticare la compravendita, mentre gli uomini restano a casa a lavorare al telaio; e se in tutto il resto del mondo per tessere si spinge la trama verso l'alto, gli Egiziani la spingono verso il basso.

Ercole uccide Busiride

Dalla Libia Eracle giugeva verso l’Egitto. Busiride di Poseidone, in quel tempo, era re dell’Egitto. Ed egli uccideva tutti gli stranieri e li sacrificava sull’altare di Zeus. In questo modo agiva, visto che, un indovino giunto da Cipro diceva cessare la mancanza di beni in Egitto, qualora gli egiziani uccidano gli uomini stranieri durante l’anno. Busiride uccidendo dunque per primo l’indovino, sacrificava tutti gli stranieri. Pertanto Eracle venendo in aiuto degli egiziani li portava presso gli altari. Ed egli spezzava (distruggeva) le catene e uccideva Busiride e il figlio di quello Anfidamante.

Fiducia meritata

Né infatti egli fu talmente insuperbito da dimenticare i suoi doveri militari e la disciplina. Infatti, essendo stato mandato come questore ad assediare Numanzia, sotto il console Caio Mancino, e avendo ottenuto tanti elogi sia presso le sue truppe sia presso i nemici, che era considerato quasi un comandante da tutti lui stesso, sempre ebbe un atteggiamento di grandissimo rispetto e lealtà nei confronti del console. Ma avendo condotto male le cose i Romani ed essendo costretti a chiedere ai nemici una tregua, i Numantini, non avendo avuto fiducia nei Romani enel loro comandante, risposero che non avrebbero prestato fede a nessuno e non avrebbero fatto un patto se non con Tiberio Gracco. Infatti ricordavano la lealtà di suo padre, che con loro aveva fatto una pace salda e durevole, e si erano persuasi che l'animo del figlio non era meno fedele e equo che quello del padre.

Giovinezza di Mitriade

Mitriade diverrà la grandezza anche del cielo portento delle predizioni. Infatti quell’anno, che quello in Asia è generata, una stella cometa per settanta giorni rifulse in quella regione tanto che tutto il cielo ardeva. Essendo ancora fanciullo di quindici anni(infatti i suoi genitori erano morti prematuramente) subì la perfidia e le insidie dei tutori che lo fecero avvicinare ai veleni. Egli avendo sospettato subito ciò. Affinché non fosse oppresso da simile frode, si era abituato a bere i veleni e tanto si era rafforzato e indurito contro quelli, che seppur volendo, sarebbe potuto morire si veleno in vecchiaia. Temendo di essere ucciso per ferita, simulò una tanto grande passione per la caccia che per sette anni visse nelle selve con le fiere. In questo modo rese il corpo resistente al freddo, e alla sopportazione del caldo e della fame così da poter tollerare facilmente poi fatiche di ogni genere.

Guerra contro Giugurta

Ai tempi dei consoli Publio Scipione e Lucio, Giugurta, all’epoca re della Numidia, portò avanti una guerra, in cui annienta Adertale e Iempsale, figli di Micipse, suoi fratelli, re amici del popolo Romano. Bestia divenne console e fu mandato contro di lui; questo corrotto dalle ricchezze del re fece una pace vergognosa con Giugurta, che fu disapprovata dal senato. Poi contro il medesimo nell’anno seguente Postumio Albino partì con grandi truppe. Quello pure per mezzo del fratello combattè in modo vergognose contro Numida. Per terzo fu mandato il console Matello, che. richiamò alla disciplina romana l’esercito, rimesso in ordine con grande severità e temperanza: per prima cosa venne alle armi. Giugurta vinse varie battaglie, catturò e uccise i suoi elefanti, costrinse alla resa molte sue città. Caio Mario gli fu successore. Lo stesso Giugurta superò nello stesso tempo anche Bocco, re della Mauritania, che aveva iniziato ad aiutarlo. Il medesimo si impcadronì di ogni città della Numidia e pose fine alla guerra, catturato Giugurta grazie al suo questore Cornelio Silla.

I giovani tra doveri e svaghi

Si conceda qualcosa all'età! Sia la giovinezza più libera; non si dica sempre di no ai piaceri, e non sempre la vinca la fredda e severa ragione, ma di quando in quando la soverchino i desideri e i diletti, purché si osservi anche in questi la giusta misura. Abbiano cura i giovani della propria castigatezza, e non turbino l'altrui; non dilapidino il patrimonio, né si lascino strozzare dagli usurai; non attentino alle famiglie e al buon nome degli altri; non infliggano il disonore ai casti, la rovina agli integri, l'ignominia ai buoni; non minaccino con la violenza, né tendano insidie, e si astengano da ogni delitto; e finalmente, quando si siano abbandonati ai piaceri, quando abbiano dato un po' del loro tempo agli svaghi e ai vani folleggiamenti dell'età loro, sappiano a tempo ritornare alle faccende domestiche, agli affari forensi, alle pubbliche cure, cosicché dimostrino di avere rinunciato per sazietà e spregiato per esperienza quelle vanità che, in un primo tempo, la loro mente non aveva valutato a dovere.

I giovani vanno guidati

I ragazzi sono guidati da uomini molto prudenti e onesti, poiché quelli non sanno cosa fare o fuggendo o omettendo. Spesso ai ragazzi, benché seguendo il precetto e il consiglio dei signori e dei parenti, le orecchie volentieri offrono agli uomini scadenti e fallaci. Infatti spesso il puerile la vita è dentro lo studio dei giovani degli avvenimenti e nell’abituarsi delle vie. Questo studio in qualche modo della natura ;ma gli adolescenti, entrando in nuove e ignote direzioni, non sono da determinati limiti, poiché una fine molto certa non è lodata da nessuno. Gli adolescenti infatti sono simili a teneri arboscelli, che sono retti diciamo da pali robusti, che sostengono la forza dei venti e delle piogge. A molti adolescenti valutano nel disonore il precipitare il precetto dei signori obbedire e il voler piuttosto sbagliare e ingannare.

I greci riformano il corpo dei frombolieri e istituiscono uno squadrone di cavalleria

Qui si diffuse nuovamente un profondo sconforto. Chirisofo e gli strateghi più anziani incolparono Senofonte di aver lanciato l'attacco rompendo la falange: aveva corso gravi rischi e non era riuscito a infliggere perdite al nemico. Senofonte ascoltò le critiche e ammise che erano fondate, del resto i fatti parlavano da sé. «Eppure», disse, «non potevo che muovere all'assalto, perché avevo visto che si metteva male, se rimanevamo fermi: non riuscivamo neppure a rispondere ai colpi. Per quanto riguarda le fasi successive, allora sì», aggiunse, «avete ragione. Non siamo riusciti a mettere in difficoltà gli avversari e la ritirata è stata durissima.

I soldati migliori sono i contadini, temprati a ogni fatica

Mi sembrano più adatti al lavoro i contadini, che sono nutriti dalla divinità e dalla fatica, che sopportano il sole, che non vogliono l'ombra, che non conoscono le dolcezze, che sono contenti con poco. Infatti le membra dei villani sono resistenti ad ogni fatica, è consuetudine per queste forgiare il ferro, scavare fossati, portare gravi, perché hanno dedicato la vita alla fatica ed al lavoro nei campi. Mentre invece la necessità richiede che anche i cittadini siano chiamati alle armi ed al rigore militare. Questi devono, da quando entrano fra i soldati, per prima cosa faticare, aiutare, portare carichi, sopportare il sole e la sporcizia, lavorare di giorno e di notte, eseguire velocemente gli ordini dei centurioni e dei tribuni. Quindi si dedichino alle armi e, se a breve ci dovesse essere una battaglia, si preparino per mettere in campo, i contadini, quanto di meglio possano offrire. Dalla vita campestre, dunque, dev'essere soprattutto reclutato il nerbo [robur, in senso figurato: ovvero la parte più forte] dell'esercito; infatti, teme di meno il pericolo e la morte chi di meno, in vita, conoscono le comodità.

Il brigante e il gelso

Un brigante, dopo aver assassinato un uomo per la strada, abbandonò la sua vittima in un lago di sangue e fuggì, inseguito da quelli che avevano visto il delitto. Ma ecco alcuni viaggiatori che venivano dalla parte opposta e che gli chiesero di che cosa fossero sporche le sue mani. Egli rispose che era sceso allora da un gelso, ma mentre stava dicendo questo, arrivarono i suoi inseguitori, che lo presero e lo impiccarono a un gelso. E l'albero gli disse: " non mi dispiace affatto di servire al tuo supplizio, perchè tu hai cercato di riversare su di me il sangue sparso dalle tue mani" Così spesso anche i migliori tra gli uomini non esitano ad infierire contro qualcuno che ha cercato di disonorarli con l’ inganno.

Il consolato

Da questo momento ebbero inizio i consoli, due al posto di un unico re,creati per questo fine,affinché,qualora uno avesse voluto essere malvagio,l’altro,possedendo un’autorità simile, lo frenasse. E si decise che essi non avessero il potere per più di un anno, affinché per la lunghezza del mandato non diventassero troppo insolenti, bensì fossero sempre moderati, dato che sapevano che dopo un anno sarebbero stati privati cittadini. Dunque durante il primo anno dall’espulsione dei re furono consoli Lucio Giulio Bruto, che più di tutti si era impegnato per cacciare Tarquinio, e Tarquinio Collatino, il marito di Lucrezia. Ma a Tarquinio Collatino venne revocata la carica. Si era deciso infatti che in città non rimanesse nessuno che si chiamasse Tarquinio. Pertanto, preso tutto il suo patrimonio,si trasferì dalla città e al suo posto venne nominato console Lucio Valerio Publicola.

Il corvo parlante di un calzolaio

Mentre Ottaviano Augusto, dopo la battaglia di Azio, stava celebrando a Roma un grandioso trionfo, gli si fece incontro un tale , con in mano un corvo, a cui aveva insegnato questo saluto pieno di adulazione: "Ave, imperatore, vittorioso". Ottaviano - a cui interessava conciliarsi le gli animi dei cittadini - fece acquistare il servizievole pennuto ad una somma di 20mila sesterzi.Dopo aver camminato per un poco sulla strada, venne salutato nello stesso modo da un pappagallo che comprò allo stesso prezzo. L'esempio di una così grande cortesia intrigò un povero calzolaio che cominciò ad educare il suo corvo allo stesso saluto. Ma poiché il corvo non rispondeva, esausto per la fatica e lo sforzo, il padrone era solito dire Tempo e fatica sprecati!. Alla fine, tuttavia, quando il corvo aveva iniziato a pronunciare il saluto dettato, pieno di speranza, il sarto attese Augusto in strada. Ma quando ebbe udito le parole del corvo, l'imperatore, incurante di tale saluto, rispose: Ne ho abbastanza a causa di tali saluti. Allora il corvo, memore delle parole con cui il padrone era solito lamentarsi, aggiunse con voce chiara Tempo e fatica sprecati!. Stupito di tanta arguzia, Cesare rise e comandò che il volatile fosse comprato per tanto quanto nessuna altra cosa era stata comprata fino allora. Dunque il danaro non fu una ricompensa per gli sforzi del sarto, ma per le facezie fortuite che il padrone incauto aveva insegnato al suo uccello.

Il dissidio tra i due fratelli

Da Dario e Parisatide nascono due figli, il maggiore Artaserse, il minore Ciro; Dario, quando si ammalò e presagì la fine della vita, li volle entrambi accanto a sé.Il maggiore si trovava già lì. Ciro viene richiamato dalla regione di cui il padre lo aveva nominato satrapo; lo aveva anche designato comandante di tutte le truppe concentrate a Piana del Castolo. Ciro, dunque, si avvia verso l'interno e porta con sé Tissaferne, che stimava amico, con trecento opliti greci agli ordini di Sennia di Parrasia.Quando Dario muore e Artaserse sale al trono, Tissaferne calunnia Ciro agli occhi del fratello e lo accusa di tramare contro di lui. Artaserse gli dà ascolto e arresta Ciro per metterlo a morte; ma la madre, avendo interceduto, lo rimanda nella regione.

Il pescatore che suonava il flauto

Un pescatore che era bravo a suonare il flauto prese con sè il suo strumento e le reti e si recò in riva al mare. Sistematosi su uno scoglio che sporgeva sull'acqua, in un primo momento si mise a suonare, pensando che i pesci si sarebbero precipitati da lui spontaneamente, attirati dalla dolcezza della sua musica. Ma, visto che dopo numerosi sforzi non otteneva nessun risultato, lasciò perdere il flauto e, presa la rete, la gettò in acqua, catturando molti pesci. Mentre li buttava dalla rete sulla spiaggia, vide che si dibattevano ed esclamò: "Brutte bestiacce, non danzavate quando suonavo il flauto, ma lo fate ora che ho smesso!". La favola è adatta per chi agisce fuori tempo.

Il ratto delle Sabine

Dopo la fondazione il famoso Romolo raduna gli uomini plebei, chiedendo asilo in un podere nel mezzo della vetta del Campidoglio [?], prendendo rifugio là i cittadini ..mostrando vicino la città[?]. Non ottenendo a questi diritto di connubbio, Romolo ordina un torneo ippico del sacro/divino Poseidone; Riunendosi la moltitudine, per lo più di Sabini, spinge/esorta a rapire le giovani donne che sono/erano[?] giunte (alle quali?) chiedevano un’unione coniugale. Tito Tazio il re dei Quiriti, cercando di punire con armi l’oltraggio, si accorda del dominio e della vita politica con Romolo; Tazio uccidendo a tradimento Lavinio [?] [(il genitivo assoluto)], Romolo da solo di buon grado è a capo dei Quiriti.

Il sepolcro di Archimede

Cicerone nei libri leggeva che Archimede era sepolto presso Siracusa e nel suo monumento era posta una sfera con un cilindro. Perciò quando fu questore della provincia della Sicilia, decise di ricercare dove fosse il sepolcro di quel prestantissimo matematico. I Siracusani dicevano che il re non sapeva niente. Cicerone tuttavia narra di non aver perso la speranza che avrebbe attraversato ogni luogo attorno alla città.

Il tesoro nel campo

Un certo agricoltore, stando ormai per morire, chiamo verso di sé i suoi figli e gli disse:” L’avida morte sta uscendo dalle mani e io da questa vita mi allontano. Nulla a voi ho lasciato in eredità,oltre il campicello,che io assiduamente per molti anni curai. In questo sepolto giace un tesoro di grandi ricchezze, ma dove a voi ignoro dirlo. A voi tutto il campo era scavato affinché traviate il tesoro”. Quando disse questo, espirò l’anima. Dopo la morte del padre, i figli per molti pasti, fino all’autunno, la terra scavarono e le zolle trasformarono, sperando che il tesoro venisse fuori. Quando lo loro opera fu invana, nel solco, che grande lavoro cercando il tesoro, fecero la seminazione. In tempo invernale ed estivo vedendo nel campo floridissimo raccolto, pensarono che fosse il tesoro, che diceva il padre morente.

In ogni consorzio umano è indispensabile un’autorità

Voi vi rendete conto dunque che questa è l’essenza del magistrato, di sovrintendere e dare prescrizioni giuste ed utili, nonché in armonia con le leggi. Come infatti le leggi stanno al di sopra dei magistrati, così i magistrati stanno al di sopra del popolo, e si può dire veramente che il magistrato è una legge parlante, la legge invece è un magistrato muto. Nulla inoltre è tanto conforme al diritto ed alla disposizione della natura quanto il potere; senza di esso infatti né la famiglia, né lo Stato, né la nazione, né il genere umano, né tutta la natura, né il mondo stesso potrebbero sussistere.

Infausti presagi di una strage

Accrescevano il timore i prodigi che si annunziavano contemporaneamente da molte parti: in Sicilia ad alcuni soldati si erano infiammate le punte dei dardi; in Sardegna poi a un cavaliere di ronda sulle mura s'era acceso il bastone ch'egli aveva in mano; e a Prestene eran cadute dal cielo pietre infuocate; e a Capena erano apparse in pieno giorno due lune; e ad Anzio spighe cruente eran cadute nella cesta ai mietitori. E contemporaneamente, a Roma la statua di Marte sulla via Appia e quelle dei lupi avevano sudato. Il console, riferiti questi portenti e fatti introdurre i testimoni di essi nella Curia, consultò i senatori in merito al rito. Si decretò che i prodigi si espiassero parte con vittime adulte e parte con vittime lattanti, e che si facesse un triduo di pubbliche preghiere a tutti i pulvinari. Che si offrissero doni d’argento a Giunone e a Minerva e d’oro a Giove. Infine, a Dicembre si celebrò un sacrificio a Roma nel tempio di Saturno, e vi fu fatto un lettisternio e un banchetto pubblico, e per la città si festeggiarono nel giorno e nella notte i Saturnali, e fu decretato che il popolo tenesse e osservasse in perpetuo quel giorno come festivo.

L’asino e il lupo

Un asino stava pascolando in un prato, quando scorse un lupo che si dirigeva verso di lui, e fece finta di zoppicare. Il lupo gli si avvicinò e gli chiese perché zoppicava; quello rispose che, nello scavalcare una siepe, aveva messo il piede sopra una spina, e lo consigliò di estrargliela, per poterlo poi divorare senza correre il rischio di bucarsi la bocca masticando. Il lupo, persuaso, sollevò il piede dellasino. Ma mentre concentrava tutta la sua attenzione sullo zoccolo, lasino, con un calcio sulla bocca, gli fece saltare tutti i denti. "E mi sta bene!", dichiarò il lupo malconcio. "Perché ho voluto impicciarmi di medicina, quando mio padre maveva insegnato il mestiere di macellaio?". Così, anche tra gli uomini, chi si mette in unimpresa non adatta a lui, finisce naturalmente in mezzo ai guai.

La legge è sovrana dell’universo

L’uomo invoca giustamente il nome della regina,conclude la vita, l’insolenza discende,frena la stoltezza,castiga la cattiveria,personalmente e ha bisogno di aiutare la lingua di tutti, e soccorre agli ingiusti,e denuncia i poveri incatenati. Essere il primo di tutti quanti e stato un signore delle terre e domina una vita.

La leggenda della rupe Tarpea

I Sabini, essendo state rapite le loro mogli dai Romani, assediavano di giorno il Campidoglio invano,e già speravano che la forza potesse espugnare la cittadella. Allora si accorsero che l’astuzia fosse necessaria e la vergine Tarpea, figlia della custode della cittadella,decisero di corrompere. Alla vergine perciò promisero tutto ciò che avessero nelle braccia sinistre. La fanciulla, vedendo che portavano bracciali preziosi, sperò che il suo corpo potesse essere decorato dai loro ornamenti, e incautamente aprì le porte agli stranieri. I Sabini avendo occupato la cittadella, avanzarono verso Tarpea e aggredirono ciò che avevano promesso. Ma quelli nei loro pesanti scudi, che con braccia sinistre portavano, gettarono avanti e nascosero la vana fanciulla. Tuttavia anche se oppressa da quel peso, narrano gli storici, sopravvisse.

La leggenda di Arione

Arione fu mobilissimo poeta e cantore,che vinse i Corinzi dopo molti anni presso il re Periandro. Poi avendo deciso di ritornare in patria e essendo ormai salito sulla nave dei Corinzi, il tiranno, che era attratto per tutto l’anno dalle sue poesie, gli diede molte ricchezze. Vedendo che i marinai delle sue navi, che portavano il poeta in patria , erano mossi dall’invidia e dall’avarizia e congiuravano contro la sua vita per afferrare le pecunie e i doni, che gli donava Periandro. Subito quando vide essi uscir fuori i pugnali contro di sé, Arione da poppa saltò giù in mare con un rapido salto, tra i delfini, che nuotavano intorno alla nave, sollevarono il suo dorso e incolume lo riportarono dal tiranno Corinzio Periandro. Poi dopo alcuni giorni, essendosi alzata una violentissima tempesta, quelle navi,delle quali marinai erano tentati dall’uccidere Arione,fu spinta dalle onde fino all’approdo. Periandro comprese e si uccise affinché scontasse le pena per la sua catastrofe.

La protezione dei prepotenti è pericolosa

Una colomba,da un nibbio fuggente, sempre per la velocità delle ali si sottrae alla morte. Allora quel predatore, che tanto spesso ha scherzato, intraprese un consiglio ingannevole e l’inerme colomba ingannò con le parole:”Voi, amica, che tanto inquieta trascorrete sempre la vita fuggendo, perché non mi crei re affinché per la mia tutela e la mia forza voi sareste libero da tutti i pericoli e dalle ingiurie?”. Quel brutto ingenuo, facendo finta crebbe, che, quando il regno sarà ottenuto, comincerà a divorare uno ad uno e il comando furioso tenne in continuo movimento le unghie. Solo allora il resto perse libertà di piangere e cominciò a condannare la sua stoltezza.

La scelta è fatta: Lucianò sarà intagliatore di erme

Il secondo punto fu, quale fosse la migliore arte, e più facile ad apprendere, e conveniente ad uomo libero, e di più poca spesa ad imparare, e che desse un guadagno sufficiente. Qui, chi ne lodava una, chi un’altra, secondo che ciascuno ne aveva conoscenza o esperienza: quando mio padre, voltosi allo zio (chè v’era presente un mio zio materno tenuto un bravo scultore di Mercurii), disse: Non va che un’altr’arte sia preferita, quando sei tu qui. Prenditi costui (e additò me), e fammene un buon artefice, un marmoraio, uno statuario; ei ci può riuscire, perchè sai come ci ha buona attitudine. Argomentava ei così da certi balocchi di cera ch’io facevo: chè quando io tornavo di scuola, mi mettevo a raschiar cera, e formavo buoi, o cavalli, o anche uomini con un certo garbo, come pareva al babbo. Per quei balocchi ne avevo toccato nerbate dai maestri, e allora n’avevo lode di buona disposizione d’ingegno! Onde si avevano le più belle speranze di me, che in breve imparerei l’arte per quelle figurine ch’io formavo.

La secessione della plebe

Possedendo i patrizi ingenti ricchezze e il senato prepotentemente amministrando le cose pubbliche,la plebe era oppressa da grande miseria, perché erano vessati da molte guerre e forti indebitamenti,infatti il bottino delle guerre era distribuito tra i patrizi e solo a loro era assegnato il terreno delle genti vinte. Perciò i plebei,incitati dai tribuni,si ritirarono sul monte sacro in quel luogo costruirono un piccolo accampamento. Avevano stabilito dunque di non seminare i campi dei ricchi così che non dessero frutti e così ai patrizi, che erano dentro le mura della città,venisse a mancare il pane. Il Senato ritenendo grave il pericolo per la Repubblica, mandarono ai plebei dei legati affinché,trattando con loro della pace,evitassero l’estrema rovina della Repubblica. Fra questi c’era Menenio Agrippa, il quale, narrando la favola nota del ventre è tutte le altre membra del corpo persuase i plebei a recedere dalla ribellione e a tornare in città con animo tranquillo.

L’ambra dei paesi baltici

Al di là dei Suoni c'è un altro mare, stagnante e quasi immobile, che cinge e chiude la terra: lo si crede perché l'estremo rifulgere della luce del sole al tramonto dura fino all'alba, in un chiarore tale da offuscare le stelle. Dunque sul lato destro il mare svevo bagna le genti degli Estii, simili piuttosto agli Svevi per i culti e l'aspetto esteriore, ai Britanni per la lingua. Rare le armi di ferro; più frequente l'uso di bastoni. Coltivano il frumento e gli altri prodotti del suolo con tenacia maggiore rispetto all'abituale indolenza dei Germani. Esplorano anche il mare e sono gli unici a raccogliere, nelle secche e sul litorale, l'ambra, che chiamano gleso. Barbari come sono, non si son posti il problema e non hanno accertato né la natura di questa sostanza né quale causa la produca; anzi è rimasta a lungo confusa tra gli altri rifiuti del mare, finché la nostra mania di lusso non le ha dato un nome. Essi non sanno che farsene: la raccolgono grezza, ce la danno così com'è, e ne ricevono, stupiti, il compenso.

L’astronomo

Un astronomo ha un abitudine ogni sera di osservare le stelle e di passeggiare nelle vie della città; e quindi a volte muovendosi in giro e avendo la mente (rivolta) nel cielo cade in un pozzo. Mentre si lamentava, un passante sentendo i gemiti, soccorre e tendendo la mano chiede:”Come sei caduto nel pozzo?” Risponde:”Guardando le stelle non mi sono accorto del pozzo”. E il passante ridendo dice:”Come mai vuoi guardare le cose che sono nel cielo tu che non vedi le cose che sono in terra?”

Le arti a Roma e in Grecia

Oppure stimiamo, (che) se data si fosse lode a Fabio, uomo nobilissimo, perché dipingeva, molti Policleti e Parrasi non sarebbero stati anche presso di noi? L'onore alimenta le arti, e tutti sono eccitati agli studi della gloria e giacciono (trascurate) sempre quelle cose, che non sono apprezzate presso qualche (popolo). I Greci stimavano che la miglior coltura sia posta nel canto degli strumenti e della voce (nel saper suonare e cantare); pertanto si dice che anche Epaminonda, a mio giudizio il migliore dei Greci, cantasse egregiamente colla cetra, e Temistocle fu ritenuto assai incolto, avendo ricusato la lira in un banchetto, alcuni anni prima. Dunque in Grecia i musici fiorirono, e tutti apprendevano questa arte, né era stimato abbastanza evoluto nella cultura chi l'ignorava.

Le leggi delle dodici tavole

Poiché la guerra contro gli Equi fu gestita male, Lucio Quinto Cincinnato, fu creato dittatore dai Romani poiché era attento alle opere rustiche,era invitato alla guerra. I nemici furono vinti da lui e messi sotto giogo. Dopo il numero dei tribuni della plebe fu ampliato affinché fosse dieci. Ma poi i Romani,non avendo nessuna legge scritta, misero dei delegati ad Atene affinché traessero inspirazione dalle leggi dei Greci. Dopo il loro ritorno a Roma furono creati decemviri dai consoli senza alcun altro magistrato, ai quali stabilirono nuove leggi quindici anni dopo i quali Roma fu istituita. E fu tradotta dai decemviri in ogni impero. Quando queste nuove leggi, simili a quelle dei Greci, furono istituite, furono scritte in dieci tavole, che furono poste nel tempio di Giove Capitolino, affinché conservassero scrupolosamente in eterno.

L’imperatore Marco Aurelio

Dopo Antonino regnò Marco Aurelio, per niente nobilissimo, essendo incerta la sua origine da Numa Pompilio. Con lui regnava il fratello Antonino Vero. Allora per la prima lo stato Romano si mostrò governato da due eque autorità, avendo sempre fino a quel tempo singoli imperatori. Questi fecero parte della guerra contro i Parti, che si erano ribellati dopo la vittoria di Traiano. Dopo la morte del fratello, Marco Aurelio Antonino tenne il governo da solo. Dedito ai filosofi stoici, egli stesso non solo fu filosofo alle vita e alla morte ma anche dell’erudizione. Quando divise Roma in parti molto eque, è spinto verso nessuna insolenza dalla cima dell’impero, applicò sempre gentilezza prontissima. Restituendo un felice governo con valore e mansuetudine, abbandonò al diciottesimo anno del suo impero.

Lotte sociali a Roma

A Roma nei tempi antichi della Repubblica la plebe, invidiando le ricchezze e gli onori dei patrizi, fu sempre avversa al senato e agli aristocratici. I tribuni favorivano la plebe ed erano adulati e denigravano i patrizi. Allora, avendo gli stranieri minacciato la città, i plebei, che impetuosamente erano in collera con i patrizi, si raccolsero sul monte Sacro, ai quali il senato chiese invano che tornassero in città. Uno, Menenio Agrippa, poté persuadere i plebei affinché prendessero le armi e aiutassero la Repubblica in grande pericolo. Dopo molti anni, avendo eguagliato gli ordini, nacquero le guerre civili tra Mario e Silla, tra Cesare e Pompeo e altri cittadini nobili, poiché questi, desiderando il dominio, volevano superare tutti. Poi Ottaviano, per guarire i cittadini dalle ferite delle guerre, ricevette l’impero da solo.

Nascita di Minerva e vicende della sua effigie

Minerva figlia di Giove prendeva l’essere nata una consegna. Infatti quando lei il violento prende il dolore lavora, Vulcano, il fabbro degli dei,fece venire e egli interrogò affinché prendesse il rimedio al dolore. Vulcano non trovando nessun rimedio, la sua scure in due parti divise Giove, da lui consegnò la vergine Minerva saltò sull’armata. Per questa favola gli antichi estimavano Minerva e la sapienza della dea gli ateniesi a lei dedicarono la città alla sua statua quando l’elmo e l’asta rinchiuse.

Nerone da spettacolo

Era esaltato moltissimo dalla popolarità, emulo di tutti quelli che in qualunque modo eccitassero l'animo della massa. Si diffuse la voce che, dopo le corone teatrali nel più recente spettacolo quinquennale, sarebbe sceso, per i giochi olimpici tra gli atleti; infatti si esercitava nella lotta assiduamente e aveva assistito alle gare ginniche in tutta la Grecia non diversamente da come fanno gli arbitri stando seduto a terra nello stadio e, se alcune coppie si fossero allontanate troppo, spingendo(le coppie) nel mezzo con le sue mani. Allora in verità penseresti, poichè Nerone pensava di imitare nel canto Apollo, nel (arigando mettilo come infinito) il sole, che quello volesse imitare anche le imprese di Ercole: dicono che aveva fatto preparare un leone che egli, presentandosi tutto nudo nell'arena dell'anfiteatro, avrebbe dovuto uccidere o a colpi di clava o a forza di braccia.

Orazi e Curiazi

Romani e Albani combattendo arruolavano/arruolarono (il tempo è sbagliato forse [erounto --scritto in ..--]) 3/trigemini difensori, e per gli Albani i Curiazi. Per i Romani gli Orazi ([o men – o de: l’uno l’altro]). Quando allora si combatte, i Curiazi uccidevano 2 degli opposti/avversari. Ed il rimanente, chiedendo finta fuga ([fuga simulata]) uccideva ..ton..(gen assoluto?)..kat’ ena..[?]. Gioiscono certamente tutti, sola (nel senso di “rimasta sola”) la sorella non esulta…Oratia (Orazia) to adelfhò (al fratello) tòn egguòmenon (part. di “egguao”? = do in sposa/fidanzo) andra (uomo acc. Sing) Kouriation (Curiatius acc. Sing) fhoneusanti (part. “fhonao”? = sono avido di uccisione). Ed egli non uccide la sorella come traditrice.

Privilegi e dottrina dai druidi

I druidi hanno l'abitudine di star lontani dalla guerra e non pagano i tributi insieme agli altri, hanno l'esenzione dal servizio militare e da ogni altra prestazione. Indotti da così grandi privilegi, sia molti spontaneamente vanno nella (loro) scuola, sia sono mandati da genitori e parenti. Si dice che lì imparano a memoria un gran numero di versi. Perciò alcuni restano nell'apprendistato per venti anni. Né stimano che sia lecito affidare quella dottrina alla scrittura, mentre nelle altre cose, nei conti pubblici e privati, si servono dell'alfabeto greco. Mi sembra che abbiano istituito ciò per due ragioni: perché non vogliono che si porti tra il popolo quella dottrina né quelli che la imparano, fidandosi della scrittura, esercitino di meno la memoria: poiché accade quasi alla maggior parte, che con l'aiuto della scrittura trascuri la volontà di apprendere e la memoria. In primo luogo vogliono convincer(li) di ciò, e cioè che le anime non muoiono ma dopo la morte passano dall'uno all'altro, e pensano che ciò inciti moltissimo al valore, eliminata ogni paura della morte. Discutono di molte cose, e tramandano alla gioventù molte notizie sulle stelle e sul loro moto, sulla grandezza dell'universo e della terra, intorno alla natura, sulla potenza degli dei immortali e sui loro poteri.

consuo, is, sui, sutum, ere

pendo, is, pependi, pensum, ere

convenio, is, veni, ventum, ire

utor, eris, usus sum, uti

instituo, is, stitui, stitutum, ere

effero, effers, extuli, elatum, efferre

volo, vis, volui, velle

disco, is, didici, ere

studeo, es, studui, ere

accido, is, cidi, ere

remitto, is, misi, missum, ere

persuadeo, es, suasi, suasum, ere

transeo, is, ii, itum, ire

puto, as, avi, atum, are

neglego, is, xi, ctum, ere

disputo, as, avi, atum, are

trado, is, tradidi, traditum, ere

Proposte di pace ad Alessandro

Dario, essendo fuggito dopo la sconfita presso Isso, invocato per lettera Alessandro affinchè renda a se il potere dei prigionieri (redimendarum) e prometta a quella grande denaro. Ma Alessandro chiese in cambio dei prigionieri tutto il regno non denaro. Passato il tempo, vengono consegate ad Alessandro altre lettere di Dario con cui era offerto le sue figlie in matrimonio e parte del regno. Ma ALessandro riscrisse che gli venivano dato cose già sue, e ordinò di (permittere) al vincitore il destino del regno. Allora persa la speranza di pace, Dario prepara la guerra e va incontro ad Alessandro con centomila cavalieri. Nel viaggio gi annunciano che sua moglie era caduta prigioniera di Alessandro e che (prosecutum esse) la sua morte (illacrimatum) Alessandro e benevolmente le esequie. Allora Dario scrisse la terza lettera e rese grazie perchè non aveva fatto niente di ostile. Offrì poi la maggior parte del regno fino al fiume eufrate e l'altra figlia e per i restanti prigionieri trecentomila talenti. A queste cose Alessandro rispose che tutte le cose erano inutili, Dario (paro) la resa.

Riempite le pianure di cadaveri

Per i Romani la vittoria non era ancora sicura; infatti una moltitudine di Galli, superando ogni sentimento di una tale perdita, come se una nuova schiera di nuovo sorgesse, muoveva soldati freschi contro il nemico vincitore; l'esercito romano, bloccato l'assalto, rimase al proprio posto, sia perché di nuovo doveva essere affrontato un combattimento da uomini stanchi sia perché il console Marco Popilio mentre si muoveva imprudente tra i primi, con la spalla sinistra quasi trapassata da un giavellotto, si era allontanato un po' dal campo di battaglia. Ormai a causa dell'esitazione la vittoria era stata quasi persa, quando il console, dopo che la ferita gli era stata bendata, tornato nelle prime file disse: "Perché stai fermo, soldato? La battaglia non é contro i Latini o i Sabini che da nemici tu possa rendere alleati una volta vinti con le armi; abbiamo impugnato la spada contro delle belve; bisogna versare il loro sangue o darlo. Li avete respinti dagli accampamenti e li avete ricacciati in fuga precipitosa nel fondovalle, siete in piedi sui corpi morti dei nemici; riempite i campi dello stesso massacro di cui avete riempito i monti". "Non volete aspettare, allora che vi sfuggano; le insegne sono state introdotte e avanzando rapidamente tra i nemici". Con questa esortazione le coorti allontananano dal posto i primi gruppi di Galli; schierati a Cuneo in seguito spezzano a metà l'esercito.

Ritratto di Cesare

Si tramanda che fosse di altissima statura, di colore canuto, di corporatura proporzionata, di viso un po’ troppo pieno, occhi scuri e vivaci, di buona salute, eccetto che negli ultimi anni della sua vita (quando) soleva svenire e anche destarsi di soprassalto. Fu colpito dall’epilessia due volte mentre stava esercitando le sue attività. Era molto scrupoloso sulla cura del corpo, cosi che non solo si faceva tagliare i capelli accuratamente e si faceva radere, ma si faceva anche depilare, come qualcuno ricordò tollerava molto a malincuore la deturpazione della calvizie perché si era accorto più di una volta che suscitava le prese in giro dei suoi denigratori. Così si era abituato a riportare i capelli da dietro che gli mancavano e tra tutti i decreti emessi dal senato e dal popolo nessun altro mai accettò più volentieri che il diritto di portare la corona d’alloro in modo perenne. Si tramanda che fosse famigerato anche nel vestire: usava anche un laticlavio adornato di frange fino alle mani e non portava mai la cintura se non sopra di esso e con la cintura un po’ lenta e da qui (tramandano) che sia derivata la battaglia di Silla che piuttosto spesso ripeteva agli ottimati di guardarsi da quel giovane che indossava male la cintura.

Sostene proclamato re dei Macedoni

Dopo che i Galli ebbero invaso l'Epiro e mandato ambasciatori di pace al re Tolomeo, non vollero accettare le sue condizioni, che ...(???) Infatti i Galli, venuti a conoscenza attraverso i legati delle sue intenzioni, dopo alcuni giorni attaccarono battaglia e fecero un'enorme strage, rapirono Tolomeo stesso e ,in catene(=legato con catene), lo condussero nel loro accampamento. I loro capi, che ordinarono che fosse ucciso, non ne ebbero compassione.Pochi tra i Macedoni cercarono la salvezza con la fuga e riportarono in patria la notizia del massacro; altri furono catturati o uccisi. I Macedoni, come vennero a sapere della strage, chiusero le porte della città e piazzarono a ridosso delle mura, come difesa, tutto ciò che ritenevano adatto. Si riunivano nelle fortificazioni e si affliggevano per i loro morti, mentre Alessandro e Filippo invocavano gli dei (tamquam non me lo ricordo...). In tanta disperazione della cittadinanza, Sostene, che i Macedoni avevano come principe della gioventù (principe della gioventù suona proprio male....sarà una carica, cerca una frase fatta), senza porre indugio alcuno, riunì "manum" dei giovani e respinse i Galli, eccessivamente esultanti per la vittoria, dalla sua città. Per questo i cittadini lo proclamarono re.

Spesso siamo ingrati

Un giorno non basterà ad elencare (tutti) quelli che sono stati ingrati fino allestrema rovina della patria. Allo stesso mondo non si terminerebbe mai di dire, una volta che incomincerò ad elencare, quanto lo stesso stato si sia comportato in modo irriconoscente verso i migliori e più devoti ad essao e quanto abbia errato più spesso di quanto non si sia errato verso lo stesso (stato). Mandò in esilio Camillo, mandò via Scipione; Cicerone andò in esilio dopo Catilina, distrutti i suoi Penati, presi gli averi, fatta qualunque cosa che avrebbe fatto Catilina se vincitore . Rutilio pagò il fio della propria innocenza: nascondersi in Asia. Il popolo romano negò la pretura a Catone, a lui rifiutò accanitamente il consolato. Siamo in generale ingrati. Ognuno si domandii: nessuno non si lamenta dellingratitudine di qualcuno (altro anch'esso) ingrato. Eppure non può succedere che tutti si lagnino, se non bisogna lagnarcii di tutti: quindi tutti sono ingrati.

Sulla saggezza

Un inizio della saggezza è la paura degli dei; impara,o giovane, la saggezza,fuggi l’ingiustizia. La superbia è rovina, ama la modestia; infatti è la radice della saggezza. Considera che la rettitudine è pregio, e Solone, registratore di Atene, elogia negli insegnamenti agli ateniesi la modestia come virtù. Ma la virtù non sempre porta pace, ma anche affanni;non c’è felicità senza giustizia.

Supplizio dei catilinari

Dopo che, come ho detto il senato ebbe votato secondo l'opinione di Catone, il console giudicò che la cosa migliore da farsi (fosse) approfittarsi della notte che era imminente affinché non accadesse qualcosa in quel tempo, comandò ai treviri di preparare quella cosa che il supplizio richiedeva; lo stesso, disposti i presidi, condusse Lentulo in carcere; lo stesso è fatto con gli altri tramite i pretori. Nel carcere c'era un luogo che è chiamato Tulliano, dove salendo un po' a sinistra trovi scavato scavato circa dodici piedi sotto terra. Proteggono quel luogo pareti da ogni lato e sopra la camera lastre di pietra disposte a volta; ma per lo squallore, le tenebre, l'odore, il suo aspetto è brutto e terribile. In quel luogo dopo che fu fatto scendere Lentulo, gli esecutori delle pene capitali, che avevano il compito, lo strangolarono con un laccio. Così quel patrizio della famosissima famiglia dei Cornelii, che aveva tenuto a Roma il potere consolare, scoprì una degna fine per i suoi costumi e azione.

Un’ unione voluta dagli Dei

L’unico anziano vive avendo [?] una figlia e una schiava. Questo zappa la terra durante il giorno, produce legname, fatica; soffre/odia le donne di tutti e i luoghi vicini [?]. La donzella/fanciulla è religiosa diligente e venera le Ninfe e ..(tima --scritto in lettere greche--)[?] Gli dei qualificano/premiano la sollecitudine di questa (la sua sollecitudine). Un giovane (tis –scritto in lettere greche--) avente molti beni/ricchezze conduce una vita vicino educato[?]. Caccia insieme con un/col/come cacciatore [?]…Per fortuna parte verso la regione della giovane e vedendola che incorona le Ninfe (eutus –scritto in..--) (era[iota sottosc.] = terra..oppure dal verbo eramai: amo ardentemente) Durante una sera gli Dei portano a termine questa unione. Il giovane, non delicato, prende la zappa, zappa la terra, fatica [(lo so k in italiano rende da skifo..aggiustate voi)]. E’ un’unione fortunata.

Ulisse e la maga Circe

Avendo vagato a lungo per i mari, Ulisse fu portato all'isola della maga Circe con i compagni sulla nave. Alcuni di loro, il cui comandante era Euriloco, essendosi avvicinati alla casa della Dea, videro leoni e lupi, che non solo non erano affatto crudeli, ma facevano festa agli stranieri che si avvicinavano, come cani. Avendo ascoltato la Dea che cantava a casa, la chiamarono, lei, avendo aperto la porta, li esortò a entrare. Allora tutti entrarono incautamente a parte il solo Euriloco, che aspettò davanti alla porta. Infatti aveva sospettato qualche inganno e non aveva obbedito alla Dea. Quando entrarono, Circe ordinò ai compagni di sedere con lei alla mensa e banchettare. Così mangiarono cibi ai quali era stato mescolato un farmaco, ma, avendoli gustati, subito si spogliarono dell'apparenza di esseri umani e furono trasformati in maiali. Allora Euriloco, avendo visto che i compagni erano usciti e non avendoli riconosciuti, tornò da Ulisse per narrargli la morte degli infelici.

Una figlia particolare

Epaminonda non prese mai moglie. E venendo per questo biasimato, perché non lasciava figli, da Pelòpida, il quale aveva un figliolo di cattiva fama e diceva che lui in questo così male provvedeva alla patria: "Guarda", gli rispose, "che non provveda peggio tu, che ti appresti a lasciare un figlio di tal fatta. D'altra parte a me non può mancare la discendenza: io lascio la battaglia di Leuttra, che è nata da me, che fatalmente non solo sopravviverà a me. ma sarà addirittura immortale". Al tempo in cui, sotto la guida di Pelòpida, gli esuli occuparono Tebe e cacciarono dall'acropoli il presidio spartano, Epaminonda finché durò la strage dei cittadini, si tenne in casa, perché non voleva difendere i malvagi né assalirli per non insozzare le mani del sangue dei suoi: riteneva funesta ogni vittoria riportata sopra i propri cittadini. Ma non appena che, presso la Cadmea si cominciò a combattere con gli Spartani, fu tra i primi.

Una gara di generosità

A quanti interessò salvare l’onestà del popolo romano e la buona fama presso i popoli e possiamo raccogliere sovrani dalle molte egregie imprese, uno dei quali era bastevole a commemorare. Tra gli ostaggi , che posero al re Porsenna, ci fu Clelia, dalla grande forza e dall’animo virile. Che, non dimenticandosi delle sue origini nobili, pentendosi della sua prigionia, decise di procurarsi la libertà, che si faceva molti mezzi di vita. Di notte fuggì dal castello e arrivò incolume a Roma. Porsenna fu informato della sua fuga, mise ambasciatori che avvertissero i Romani sulla funzione dell’onestà. Infatti i patti erano che sarebbe dovuta rimanere come ostaggio presso il re. Allora restituirono la vergine a Porsenna, che era meravigliato che ci tanto animo fosse in un muliebre corpo, comandò che lei e le sue compagne fossero liberate. Infatti gli era interessata molto la fedeltà Romana ed emulare la magnanimità.

Una riunione di famiglia sulla carriera di Lucianò adolescente

Avevo pur allora smesso di andare alle scuole, essendo già della persona un giovanotto, e mio padre si consultava con gli amici a che mi dovesse applicare. I più opinavano che la Letteratura vuole fatica assai, e tempo lungo, e spesa non poca, e fortuna splendida; e in casa nostra c’era poco, e ci voleva presto un aiuto: se io imparassi una di queste arti meccaniche, subito avrei dall’arte il necessario per me, non dovendo più all’età mia logorare di quel di casa, e indi a non molto darei anche un sollievo a mio padre recandogli il mio guadagno.

Usi e costumi familiari

Gli uomini, fatta la stima della dote portata dalle mogli, mettono in comune, dal loro patrimonio, l'equivalente dei beni ricevuti. Si fa un computo unico della somma e se ne conservano gli interessi: chi dei due sopravvive all'altro, entra in possesso dei beni di entrambi con i frutti degli anni precedenti. Gli uomini hanno diritto di vita e di morte sulle mogli come sui figli. Quando muore un capofamiglia di un certo riguardo, i parenti si riuniscono e, se nasce qualche sospetto sulla sua morte, interrogano le mogli come si fa con i servi: se risultano colpevoli, le uccidono dopo averle torturate col fuoco e supplizi d'ogni sorta. I funerali sono, in rapporto alla civiltà dei Galli, magnifici e sontuosi; depongono sulla pira ogni cosa cara in vita al defunto, anche gli animali. E fino a poco tempo fa, insieme al morto, venivano cremati, con le dovute esequie, i servi e i clienti che si sapevano da lui prediletti.

Volumnio e Lucullo, due veri amici

Volumnio, nato da una famiglia della nobiltà equestre, avendo frequentato con familiarità Marco Lucullo, e dato che Marco Antonio aveva ucciso quest'ultimo per aver seguito le fazioni di Bruto e Cassio, sebbene gli fosse consentito fuggire, restò aggrappato all'amico esanime e versò lacrime così copiose che per il troppo attaccamento si procurò la causa della morte . Infatti a causa della singolare e protratta manifestazione di dolore fu condotto da Antonio. Dopo che si fu trovato al suo cospetto, disse: «Ordina, comandante, che io venga condotto immediatamente presso il corpo di Lucullo e (lì) ucciso: giacché nemmeno io devo restare in vita dopo che lui è stato ucciso, dal momento che sono stato per lui come il promotore di una disgraziata campagna di guerra». Cosa si può concepire di più leale rispetto a questa devozione? Per rendere più degna di compassione la morte dell'amico, accusò se stesso e si rese più detestabile al nemico. Nè Volumnio ebbe difficoltà ad ottenere l'attenzione di Antonio: infatti per suo ordine fu condotto dove aveva voluto e, baciata avidamente la mano destra di Lucullo, si strinse al petto la testa che giaceva mozzata, per poi offrire il collo abbassato alla spada del boia.



3 commenti: